I residui biodegradabili rappresentano uno dei flussi di rifiuti quantitativamente più significativi e più problematici, se gestiti in modo non appropriato. Tuttavia, in un contesto orientato al raggiungimento di un sistema economico circolare, essi rappresentano una risorsa dalla quale ottenere bio-combustibili, idrogeno come vettore energetico, prodotti di fermentazione e bio-derivati ad elevato valore aggiunto come i bio-polimeri.
I processi che consentono il raggiungimento di tali obiettivi possono essere combinati in un unico sistema sinergico e flessibile sia in termini di tipologia di residui trattabili (differenti per composizione, contenuto di acqua ecc.), sia di prodotti finali, orientando tipologia e quantità degli stessi in funzione delle evoluzioni del mercato.
Il concetto di bio-raffineria unisce la possibilità di trattare residui, la produzione energetica da risorse rinnovabili (di basso costo ed ampiamente disponibili) e l’immissione sul mercato di prodotti a elevato valore aggiunto che potrebbero rivitalizzare l’industria chimica di base di molte aree attualmente economicamente e socialmente depresse, consentendone la transizione verso la cosiddetta chimica verde.
Di particolare rilevanza, per potenzialità e caratteristiche di innovazione, sono i processi che sfruttano lo scambio di elettroni che avviene nelle fermentazioni anaerobiche in celle elettrochimiche. In tali processi, all’anodo avviene la fermentazione del substrato organico da parte di colonie batteriche miste, generando elettroni che al catodo possono essere utilizzati per produrre idrogeno, in un processo di splitting bioassistito dell’acqua, o per la riduzione di ossigeno in una cella a combustibile microbica.
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